Walter Pugliesi dopo IFC 3, intervista con uno dei protagonisti assoluti di IFC 3, il giovane beniamino del pubblico milanese che ha affollato il Teatro Principe. A IFC 3, Walter Pugliesi ha sconfitto Gabriel Conti in maniera spettacolare. Noi lo abbiamo raggiunto nelle ore successive all’evento per raccogliere le sue impressioni a caldo.

Ciao Walter e bentornato sulle pagine di 4once. Al Teatro Principe hai messo in piedi una performance impressionante, non hai lasciato scampo al tuo avversario, nonostante l’incontro sembrasse sulla carta tra i più equilibrati e incerti. Come hai vissuto il match e che sensazioni hai avuto riguardo la tua prestazione?

Penso che questo sia il match che ho vissuto meglio tra tutti quelli fatti. Sarà anche per la crescita della mia esperienza, ogni volta che combatto sono sempre meglio di prima. La mia impressione è che abbiamo impostato il match nella maniera giusta, ho fatto quello che ci eravamo detti di fare ed è andato tutto bene. Ho fatto un buon lavoro, mi sono trovato di fronte un avversario che era un lottatore, ma non mi ha dato problemi in quello che era il suo campo di gioco.

Alla fine hai portato a casa una vittoria per TKO al primo round. Ed effettivamente uno degli aspetti della tua prova che ha colpito maggiormente è stata la potenza dei tuoi colpi.

Esatto. I colpi lo hanno messo in difficoltà fin da subito. In particolare due, prima è stato un gancio destro doppiato, di cui il primo è andato a vuoto, il secondo è entrato sulla tempia e l’ho messo knockdown, è andato giù e si è attaccato alle gambe. Uguale in clinch, quando mi sono staccato a centro gabbia e gli ho messo una gomitata sulla fronte e lì è andato proprio giù, come una pera.

Proprio riguardo alla gomitata, che è stato il colpo che ti ha spianato la strada verso il successo, è stato un colpo improvviso, emblematico però della malizia che hai dimostrato. Una qualità rara da trovare in un fighter, a maggior ragione per uno che era “soltanto” al terzo match disputato. Dato che la tua carriera è solo all’inizio ma ti muovi già quasi da veterano che livello di maturità pensi di aver acquisito fino ad ora?

Ho tantissimo margine di crescita. Ho appena iniziato ad abituarmi a stare bene all’interno della gabbia. Questo è stato forse il primo match in cui mi sono sentito davvero a mio agio all’interno della gabbia. Ho tanto da imparare e da crescere, c’è tanto da fare e da fare vedere a tutti.

Dietro a tutto questo però si vedeva che in realtà c’era anche una strategia preparata nel dettaglio. Quanto sono importanti per te il gameplan e i consigli che ti arrivano dall’angolo e quanto spazio lasci invece all’improvvisazione una volta dentro la gabbia?

Io ho la fortuna di avere tre ottimi coach, per questo però devo ringraziare  soprattutto Alex Celotto. Lui ha una visione e una conoscenza di questo sport fantastiche. Riesce a studiare benissimo l’avversario e a mettere giù un piano perfetto. È veramente impeccabile. Di improvvisato poi c’è sempre qualcosa, ma se hai studiato un gameplan e l’avversario, non vai molto ad inventare. A meno che non vedi l’occasione per fare qualcosa che ti possa portare a chiudere il match.

La gomitata non era studiata nel dettaglio, è farina del mio sacco, ho visto che poteva entrare quel colpo e l’ho messo, ho pensato “qua ci starebbe una bella gomitata”, mi sono staccato dal clinch e il colpo è entrato. Anche se un fondo di studiato c’era pure lì, perché un gioco simile lo avrei dovuto proporre in clinch contro la gabbia.

Apparentemente l’unica difficoltà che hai incontrato è stato il sangue che ti usciva dal naso già prima che iniziasse l’incontro. Sei poi riuscito a capire come mai ti è successo?

Il sangue dal naso non so da cosa sia dovuto, mi sarò messo le dita nel naso (ride, ndr). Mi stavo scaldando e ho iniziato a sanguinare. Non mi ha preoccupato la cosa, non era un problema. La cosa peggiore è che mi sono macchiato i pantaloncini. Poi li ho pure dovuti prestare a Francesco Moricca che oltre a non avermeli ancora ridati me li ha pure sporcati ancora di più (ride ancora, ndr), speriamo tornino bianchi.

Per il match, sei tornato nei welter, ma hai anche dichiarato di dover fare un taglio importante per entrarci. Fisicamente ti trovi comunque meglio a 170 libbre rispetto ai pesi medi?

Questa è la categoria di peso che mi appartiene. Fuori match peso circa 86 kg che per i medi non era il massimo. La ricarica fatta bene poi mi permette di recuperare senza problemi, per questo devo ringraziare Roberto Scrigna che mi segue sempre con grande attenzione anche per l’alimentazione. Welter tutta la vita.

Gli ultimi due match li hai combattuti entrambi in Italian Fighting Championship, continuerai a combattere in IFC anche per i tuoi prossimi match?

Al momento non ho alcun impegno fissato. Se mi vorranno ancora nelle prossime card penso che accetterò. Poi dovrei parlarne sempre con il mio team ma penso che accetteremmo.

Durante IFC 3 oltre al tuo match abbiamo visto altri due match nei pesi welter. Hai già in mente qualche atleta che ti piacerebbe incontrare?

Il mio obiettivo adesso in Italia è mangiarmi tutti quelli della mia categoria. Per andare a mangiare fuori devo prima mangiare qua. In Italia me li devo fare fuori tutti, chiunque. Poi si può iniziare a pensare anche fuori.

Un altro aspetto che ti contraddistingue sono i tuoi numerosissimi tatuaggi: qual è quello a cui tieni di più e a cui sei più legato?

Difficile scegliere, ormai ne ho talmente tanti, ognuno mi ricorda un’esperienza, un’idea, qualche persona, qualche cazzata che ho combinato. Uno però c’è a cui sono più legato. Sulla coscia ho scritto madre e padre, è forse il più importante. Ma non perché sono il figlio adorato dei miei genitori, il cocco o robe del genere, anzi è proprio l’esatto contrario però quello è il più importante per me.

A colpire più di tutti almeno a primo impatto sono quelli sul viso. È una scelta dovuta a qualcosa di particolare quella di tatuarsi la testa? Visto che comunque molte persone faticano ad accettare tatuaggi ben in vista ti ha creato problemi al di fuori della palestra?

Tanti, l’ignoranza delle persone non ha limiti in questo campo. Mi ha precluso tanti lavori, venivo preso in prova e poi quando mi vedevano non mi volevano più. Mi taglia fuori da parecchie cose, ma io la mia strada me la costruirò lo stesso, anche con i tatuaggi in faccia. Anzi la strada che costruirò per me stesso sarà impostata su come sono fatto io, non mi devo adeguare agli altri. Questa è la mia mentalità.
I tatuaggi sul viso sono dovuti a un periodo in cui ero un po’ fuori di testa, non mi interessava niente degli altri e con questo menefreghismo ho iniziato a tatuarmi la faccia, adesso comunque mantengo un po’ questo ideale, in maniera meno aggressiva. Poi a me piacciono, per cui c’è anche un fattore puramente estetico, mi piace guardarmi e vedere la faccia tatuata.

Per concludere, tornando a parlare di MMA, quali sono i tuoi obiettivi, a breve e lungo termine, per la tua carriera?

Ovviamente per guardare a lungo termine bisogna prima considerare quelli a breve, è per quello che dico che in Italia quando sarà il mio momento sarò io il numero uno, poi potrò guardare fuori. Se non avessi grandi obbiettivi non farei questa vita, non investirei così tanto in questo sport. Ad esempio adesso Paternò ha vinto la cintura ed è il suo momento, se lo merita e ha tutta la mia stima e il mio rispetto. Ma un giorno, quando arriverà il mio momento, sarò io nella sua stessa situazione, non so quando succederà né quanti match ci vorranno, ma ci arriverò.

 

Crediti immagine di coperina: Fabio Barbieri Photography 

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Andrea Brenna

Studente di Scienze umanistiche per la comunicazione e grande appassionato di sport, scopro le MMA solamente un paio di anni fa ma è stato subito amore a prima vista.

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