Venator Kingdom, breve report della serata che ha visto il ritorno di Venator Fighting Championship a Milano, nella cornice del Teatro Principe.

Intrattenimento, adrenalina e drammaticità: è difficile essere sintetici nel descrivere la serata andata in scena al Principe di Milano. Venator fa poche uscite pubbliche, ma quando accade è sempre accompagnato da un alone di eleganza e spettacolarità.

Elegante perché quando fa una promessa, Venator riesce a mantenerla. Gli organizzatori hanno promesso un torneo tutto in una notte, con ospiti internazionali e con alcuni dei migliori atleti in circolazione. E l’hanno mantenuta. La card era nota da almeno un mese e, tolti alcuni imprevisti che in questi sport capitano sempre, quella è stata.

La spettacolarità si commenta da sola, basta dare un’occhiata ai risultati e al play by play realizzato dal buon Marco Dall’Acqua.

A uscire vincitore da questa serata è l’organizzazione stessa: finalmente il sold out dell’arena, uno streaming dell’evento comprato e apprezzato anche oltre i confini italiani e, cosa più importante, per la prima volta in Italia controlli antidoping per gli atleti coinvolti nella card. Sarà senz’altro interessante vedere i risultati di tali controlli.

Dalle semifinali di riserva del torneo welter emergono i nomi dei vincitori: Marco Saccaro, dalle mani di dinamite, e Gheorghe Gritko, che ha saputo deliziare i presenti con un incontro dal ritmo molto alto, accompagnato da colpi spettacolari (pugni girati) e molto, molto forti. Ho sofferto per Butuc, che, nonostante il poco preavviso, ha dimostrato di avere una resistenza fuori dal comune, e per Tabaglio. Niente di male a perdere in un circuito come Venator (e questo vale per tutti quelli usciti sconfitti in serata).

Un nome sulla bocca di tutti è quello di Manolo Zecchini. L’angelo veneziano ha tirato fuori una grinta agonistica spaventosa e ha mostrato di aver fatto innumerevoli passi in avanti. Ottimo prospetto, pronto per sfide più impegnative nei pesi leggeri italiani.

E ora arriviamo ai due mattatori della serata: Stefano Paternò e Giorgio Pietrini.

Il primo ha confermato di essere uno slow starter, uno che parte piano, ma quando ingrana la marcia giusta… Partenza azzardata la sua, quando ha scelto di portare a terra un sempre pericoloso Cody McKenzie. Il tempo per l’italiano di ambientarsi nella gabbia, però, e l’americano si è ritrovato in una pozza di sangue e con cinque punti di sutura. La scuola italiana fa vedere quanto vale e si fa valere.

Sul secondo: avete presente il Pietrini, bravissimo in piedi, ma non così temibile a terra, che qualche volta perdeva per sottomissione? Ecco non esiste più. A lui, e ai suoi coach, va il merito di aver fatto un lavoro notevole ed essere diventato un lottatore a tutto tondo, con una takedown defence invidiabile e un grappling stellare. Tanto di cappello (coppola, nel suo caso).

Riguardo al main event di Venator Kingdom: ben vengano, finalmente, questi scontri tra atleti italiani al top, diciamoci la verità, questo era l’incontro che tutti volevano vedere. Sono d’accordo con il giudizio dei due giudici che hanno dato il pareggio. Sui miei cartellini avevo 10-9 Pietrini, 10-9 Pietrini e 10-8 Paternò, che è andato a un soffio dalla chiusura dell’incontro, per un totale di 28-28. A molti non piace, ma le mma sono anche matematica e i conti tornano. Ho riguardato l’incontro e continuo a pensarla così (e non sono l’unico), con buona pace della partigianeria di questa o di quell’altra fazione.

L’appuntamento, a questo punto immancabile, è per dicembre con Venator Kingdom 2.

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Tudor Leonte

Alla perenne rincorsa del tesserino da giornalista pubblicista, ho scritto di MMA per alcune testate giornalistiche italiane e altri siti del settore. Al momento collaboro con Sherdog.com. Scrivo cose, intervisto gente, mi diverto.

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