Lo stile WWE in UFC, il mondo delle MMA e quello del pro-wrestling, come abbiamo visto con le precedenti puntate dell’intervista al telecronista Sky Michele Posa, sono legati da un filo invisibile, ma indissolubile. Ronda Rousey, Brock Lesnar e tante altre star hanno deciso di intraprendere la strada del pro-wrestling o delle MMA, dopo essere diventate famose nell’altro mondo.

Proprio per queste ragioni saranno analizzati i motivi per le quali molte superstar hanno deciso di spostarsi da un sport all’altro, e cosa l’UFC o più in generale le MMA possono prendere dall’universo della WWE e del pro-wrestling.

Per prima cosa Posa racconta quanto il mondo del pro-wrestling abbia pescato tecniche dalle arti marziali reali e come un wrestler debba avere una gimmick coerente per utilizzare queste mosse:

Il wrestling ha pescato in abbondanza dalle tecniche reali marziali degli altri stili di combattimento. Ciò è stato fatto anche per le mosse di sottomissione. Non sono portate con le liturgie tecniche reali del mondo che le ha generate, ma sono mutuate per essere favorevoli allo spettacolo che si propone. La mossa deve essere considerata credibile e dare l’idea che funzioni. Ma gli atleti sul ring non hanno l’esigenza reale di spezzarsi un braccio o portare allo svenimento l’avversario.

Queste tecniche “marziali” sono state sempre assegnate a coloro che potessero avere la credibilità narrativa per usarle. Che funzionino o meno, l’importante è che vengano ritenute credibili dallo spettatore. Non solo, ma la persona che ne fa uso deve avere un personaggio o un background sportivo adatto alla tecnica che sta usando.

C’era negli anni ’80, “Bad News Brown” che ha vinto un bronzo alle Olimpiadi nel judo. Il suo personaggio era quello del tizio grande grosso e “fisicato” che pestava gli avversari. Lui chiudeva con un salto verso l’alto in calcio, eppure era un judoka di apprezzabile livello. Ma il suo passato nel judo non si sposava con il suo personaggio. Aveva la Ghetto Blaster che nulla aveva a che vedere con il suo passato. Questo perché la sua tecnica era un salto con giravolta che colpiva l’avversario dietro la testa, tecnica che per altro necessitava di grande atletismo.

In tempi più recenti Kurt Angle medaglia d’oro olimpica nella lotta classica usa una Angle Lock, una presa alla caviglia. Su Angle aveva un senso, poiché arrivava da una competizione basata sulla competenza tecnica e lui si è inventato una presa di sottomissione per far cedere l’avversario. Ronda Rousey e Brock Lesnar usano ad esempio l’armbar o la kimura lock perché hanno competenze particolari e vicinanze al mondo in cui sono state generate quelle tecniche.

Oppure ora in WWE c’è una ragazza Sonia Deville, sfavorita dall’arrivo di Ronda. Il suo personaggio è quello della praticante di arti marziali miste. Non ha ottenuto nulla di importante in quell’ambiente, il suo è solo un personaggio. Lo striking è quello delle MMA, ma il suo stile di sottomissione non è così profondo. Il fatto che sia arrivata la Rousey, pluripremiata nelle MMA e inserita nella Hall of Fame UFC la porterà ad mitigare questa sua connotazione.

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Posa quindi sottolinea come queste non siano delle tecniche esclusive per i fighter, ma devono essere connesse al personaggio interpretato:

Quindi non sono solo tecniche ad appannaggio di ex fighter. Sono prerogativa di coloro che sono supportati dalla narrativa, oppure da un effettivo background che ne giustifichi l’uso. Hulk Hogan era grande e grosso e non poteva usare mosse derivate dal judo o karate. Lui ti faceva il leg drop ed era a posto.

Il wrestling si basa sul personaggio che proponi, lo stile e la credibilità che hai raggiunto anche in altri aspetti della vita, sempre che si scelga di renderli noti. Questo decide se mosse tecniche concrete possano essere parte del repertorio.

Ora Posa analizza i motivi che hanno portato molti a passare alle MMA, dopo aver combattuto in WWE. Oltre a citare i casi più eclatanti come Brock Lesnar oppure Bobby Lashley o Batista, il telecronista Sky porta altri esempi evidenziando l’ambizione di molti dei pro-wrestler più famosi:d

Io credo che la cosa più bella di questi personaggi sia il loro desiderio di affrontare l’ignoto. Io stesso sono stato un atleta ma di scarsi successi. Gli sport dove sono andato meglio sono stati il rugby e il nuoto. Poi per vari motivi non ho proseguito, però ho provato a fare la vita d’atleta intensa.

Racconto queste cose perché, pur con questi piccoli precedenti, mi rendo conto che la maggior parte degli atleti WWE che ho conosciuto è composta da persone ambiziose. Vogliono affrontare la vita e avere pochi rimpianti. Questi, una volta raggiunto un barlume di notorietà, alcuni anche molto espansa, non vogliono stare nella confort zone. Utilizzano la loro nomea per provare a fare dell’altro che era già un sogno, una voglia, una necessità a cui non si sono dedicati prima.

Nel mondo del wrestling ci sono stati atleti che hanno affiancato o affiancano la loro attività di lottatori ad altre cose. Ad esempio Chris Jerico voleva fare da sempre il cantante. È diventato uno dei più grandi wrestler della storia moderna. Tantissimi anni fa ha fondato i Fozzy e adesso fa tour mondiali. Ha pubblicato molti cd e ha suonato con i gruppi metal più famosi. Oppure Dolph Ziggler, un combattente eclettico e dinamico, ha sempre avuto la passione per la comicità e ha ottenuto dalla WWE il permesso di cimentarsi con uno spettacolo di stand up comedian di sua concezione.

Il caso di Brock Lesnar è senza dubbio quello più interessante. È passato dall’essere campione WWE a diventare campione UFC, parentesi sfortunata in NFL inclusa.

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Il sogno di Brock Lesnar prima di entrare nel mondo delle MMA era giocare a football. Lesnar capì che gli anni migliori stavano passando. Decise di sfruttare la notorietà accumulata e provò ad entrare nella squadra del Minnesota. I Vikings l’hanno preso per un training camp. Dopo aver capito che vendeva magliette, lo tagliarono l’ultimo giorno disponibile. C’è da dire che Lesnar si era infortunato due volte, quindi non aveva grosse possibilità in quanto funestato da problemi fisici.

Questi sono esempi che testimoniano come tanti di questi atleti vogliano fare dell’altro. Sono come degli artisti che hanno due, tre canali di comunicazione verso l’esterno. C’è quello del wrestling che è teatrale e sportivo, ma ci sono altre modalità di esprimersi e vogliono realizzarle anche attraverso il confronto fisico con gli altri.

Per quanto le MMA siano un mondo lucrativo, basato sul guadagno, in realtà sono convinto che tutti l’abbiano fatto per vocazione reale. Il loro sogno è quello di mettersi alla prova, intraprendendo un percorso che hanno sempre desiderato o che hanno scoperto di desiderare, senza che prima la luce fosse così chiara sul punto di approdo.

Oltre ai casi più famosi come quello di Lesnar, Posa cita anche Bobby Lashley, Batista e CM Punk, oltre a Jack Swagger, che ha firmato di recente per Bellator:

Batista faceva il buttafuori e ha sempre sognato di essere acclamato anche come combattente vero, non solo come intrattenitore. Lashley, con un’istruzione militare, per via del padre, è finito nel mondo del pro wrestling quasi per caso. Anche lui voleva dimostrare il suo valore in stili combattivi reali che ha praticato fin da giovane. Ci sta provando anche Jack Swagger, che era molto abile all’università. Credo che anche in lui alberghi la necessità interiore di sentirsi umanamente realizzato nella sua completezza e per questo ha accettato una nuova sfida così complicata quanto seducente

CM Punk è un esempio di chi ha provato anche sopravvalutandosi a mettere nell’ottagono la propria passione, anche a costo di fare brutte figure:

CM Punk ci ha provato, nonostante l’età sembrasse sconsigliarlo, facendo brutte figure. Ma è stato mosso da una motivazione di appassionato di MMA che le guarda con un’ammirazione totale. Poi si è sopravvalutato oppure ha pensato di riuscire a soverchiare una mano di partenza di carte pessima.

Uno come CM Punk non è andato a fare quelle figure nell’ottagono perché guidato dal denaro. Ha uno stile di vita modesto, non perché gli manchino i soldi, ma non ha mai ostentato né fatto spese folli. A parte la casa a Chicago, ha sempre vissuto in modo frugale rispetto agli introiti. Ovvio, quel denaro in più fa comodo, ma sono pronto a scommettere che non l’ha fatto per motivi economici.

Io la vedo come una vocazione artistica di esprimere se stessi nella propria interezza, entrando in un mondo che si è sempre desiderato o che si desidera perché ci si accorge di essere vicini ad un universo che fa sentire il suo calore.

Il percorso di Lesnar tra MMA e pro-wrestling si è arricchito di un altro tassello. Il confronto con Daniel Cormier dopo l’incontro di quest’ultimo contro Stipe Miocic è stato criticato da molti come scenetta in stile WWE. Posa spiega come, se fatte bene, queste cose possono essere d’aiuto per attirare il pubblico generico:

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Io faccio una domanda agli appassionati di MMA. Cosa volete che diventino la UFC o le MMA in generale? Volete che diventino una cosa elitaria solo per i veri appassionati che capiscono e comprendono e si informano anche di cose più storiche o volete che diventino qualcosa che attragga pubblico? Cosa desidera la compagnia? Desidera la massa che guardicchia oppure una nicchia numericamente inferiore, più competente e radicata? Queste sono le domande da porsi. Su quale dei due pubblici è importante investire per attrarlo o mantenerlo?

Se devo traslare la mia esperienza WWE sul mondo UFC, credo che per UFC sia prioritario ampliare il bacino di interessati. E per farlo penso sia più importante attirare il pubblico generico. Il pubblico generico lo devi “adescare” con qualcosa gli arrivi immediatamente. Le persone devono dire “Wow che figo”, “sta cosa la devo vedere”. Per farlo devi proporre qualcosa di facile lettura e di semplice comprensione. Più sei facile e semplice, aggiungendo un elemento di sorpresa, più riesci a far veicolare il messaggio che è bello e imperdibile e intrigante.

Quello che ha fatto UFC con Lesnar e Comier è quello che fa anche con le conferenze stampa, evento nell’evento. Sono una risorsa importante per la compagnia. Ciò scontenterà chi ha una preparazione o una sensibilità più marzialista che però è in contrasto con le logiche di mercato. Lesnar dice che i massimi recenti più incensati sono delle mezze seghe e che spaccherà il culo a Cormier? Questo fa il giro di tutti i notiziari e i siti web. Tutti ne parlano e si interessano della cosa e ha un’attrattiva diversa rispetto ad una presentazione di un match vecchio stampo, con l’allungo, il record, il nome dell’allenatore.

La UFC chiaramente non deve rivoluzionare la sua parte agonistica: lì siamo già al top! Le è però imperativo addizionarci un’esca che faccia rima con spettacolo per restare sulla cresta dell’onda mediatica e rinnovare la sua utenza. Per esempio il SuperBowl del football è una partita venduta sulle due squadre finaliste, sull’epicità di vincere e sullo spettacolo dell’half time. Questo spettacolo è atteso quanto la partita stessa. La cosa più bella per me sarebbe arrivare ad uno spettacolo dove intrattenimento e agonismo sono a pari livello. In sostanza la UFC fa bene ad usare queste tattiche riconducibili al mondo del pro wrestling.

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Posa aggiunge però che dipende sempre come le cose vengono fatte. Un esempio dello stile WWE in UFC è l’entrata nell’ottagono di Brock Lesnar alla fine del main event di UFC 226. Quest’ultima, realizzata in quel modo, ha palesato come fosse tutto studiato a tavolino.

Poi dipende sempre come fai le cose. Il confronto Cormier-Lesnar sembrava una cosa molto telefonata e decisa a tavolino. Chiunque avesse vinto sapeva che avrebbe dovuto fare questo siparietto.

Cormier faceva fatica a non ridere, Dana White uguale. Quando Cormier ha chiamato Lesnar, quest’ultimo era già a bordo gabbia pronto per entrare. La WWE nell’inventarsi questi scenari ha più esperienza ed è più sgamata perché lo fa da diverso tempo.

Fatti bene possono essere il miele per il nuovo spettatore. Il fan hardcore, per esperienza, si lamenta e si incazza ma comunque rimane fedele. Mentre il fan casual deve sempre avere una nuova fetta di torta sotto il naso perché altrimenti cambia canale.

Sempre su questo argomento, Posa spiega come la creazione di una personalità stile WWE possa aiutare un atleta a rendersi riconoscibile. Gli esempi che l’hanno coinvolto possono aiutare a capire il concetto:

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Una gimmick WWE, se ci fossero dei creativi capaci e che riuscissero a tirare fuori il vero essere di un atleta farebbe la fortuna dell’atleta stesso.

Io non lo faccio da tempo, ma a metà degli anni 2000 ho commentato degli sport da ring soprattutto a Genova, in riunioni che ospitavano più discipline, come muay thai e thai boxe. Questi eventi erano organizzati dal maestro Costaguta, che in città è sempre stato parecchio attivo sul fronte show e spettacoli.

Tra tutti c’era un ragazzo dei Paesi Bassi che arrivava sul ring travestito da sultano delle fiabe di mille e una notte. Oltre a ciò aveva un atteggiamento snob verso il pubblico e gli avversari. Alcuni atleti sembravano concentrati e aggressivi, altri interagivano con il pubblico e i supporter. Lui entrava con la puzza sotto il naso ed era sgarbato con gli avversari. Non credo fosse una persona cattiva persona, ritengo invece che lo facesse volontariamente.

Ha combattuto in tre show collezionando due vittorie e una sconfitta. Il suo personaggio l’aveva reso l’atleta più fischiato della card ed era quello che lui desiderava. A lui tutto ciò stava benissimo e venne reingaggiato proprio per questo motivo, oltre al fatto che fosse un bravo atleta. La gente che l’aveva visto la prima volta se lo ricordava. Al terzo incontro, quando ha perso, il palazzetto è esploso. C’era gente che l’aveva visto combattere gioiva perché le aveva prese. Quel coinvolgimento emotivo era ciò che lui cercava, perché nonostante avesse perso c’era gente che si ricordava di lui e quindi era una vittoria.

Oppure c’era un thailandese soprannominato “The Magician”. La sua storia raccontava di vittorie sempre con colpi incredibili, nonostante facesse fatica nei primi round. L’ho visto combattere una volta sola. Anche in quell’occasione ha sofferto per due round e poi vinse con una ginocchiata improvvisa che l’avversario non avrebbe mai pensato potesse arrivagli. “The Magician” aveva fatto la magia anche questa volta. Solo il fatto di avere un soprannome del genere e tenere fede a quel soprannome, vincendo con un colpo improvviso, ha creato un personaggio.

Poi è ovvio che non è wrestling e quindi non è detto che possa succedere, però quella volta è andata proprio così.

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Il discorso poi si sposta su Conor McGregor, considerabile a tutti gli effetti per gli atteggiamenti strafottente un personaggio in perfetto stile WWE.

McGregor in fondo è un combattente di MMA che ha costruito un personaggio. Forse è se stesso portato all’estremo, ma è un personaggio in stile WWE. Se sei morigerato e tranquillo, è difficile interpretare un ruolo o un personaggio differente da quello che sei. Per questo penso che Mcgregor sia veramente così portato all’estremo. Non si può essere troppo diversi da quello che si è.

Anche per quanto riguarda gli atleti italiani è importante creare una propria riconoscibilità. Un qualcosa che permetta ad appassionati ed addetti ai lavori di rendere individuabile subito se stessi:

Chi riuscirà a conquistarsi una riconoscibilità avrà la possibilità di fare strada. Tanti atleti italiani hanno dei bellissimi soprannomi, che gli danno un tono e un contorno. Però il più delle volte sono solo soprannomi. Se tu ti dai un soprannome, rendilo visibile, crea una mascotte, una maglietta, un logo. Fai in modo che diventi un metodo per darti carattere e che ti possa portare un indotto economico.

Fai branding su te stesso, inventati qualcosa, in modo che i promoter ti identifichino con qualcosa che possa essere proposto, creando un’immediata associazione tra te e quello che rappresenti.

Come la storia di quello che arriva vestito da sultano, fare branding su te stesso è la chiave che ti apre la porta delle possibilità, come credo accadrà sempre più spesso con UFC e gli atleti di arti marziali miste.

Io se fossi un promoter quel tizio vestito da sultano lo ingaggerei sempre. Magari nella card c’erano fighter più preparati, ma a me rimane in testa lo sceicco e vorrei rivederlo. Il mondo delle MMA si presta a queste cose e dovrà fare i conti con ciò se vorrà ampliare il bacino di fruitori.

McGregor come personaggio ideale per il pro-wrestling potrebbe al termine della sua carriera come marzialista entrando in quel mondo. La sua capacità come per la Rousey o per Lesnar è quella di riuscire a spostare grosse somme. Non esistono altri atleti UFC che hanno raggiunto quella notorietà ed è difficile pensare che possano essere adatti allo stile WWE:

Non ho la più pallida idea chi nominarti oltre a McGregor. Più che una questione di personalità, il problema è la riconoscibilità. Oltre l’irlandese non so chi oggi possa muovere cifre grosse in UFC. Cain Velasquez si è allenato al Performance Center, ma non posso dire quale sia il suo valore di mercato. Sappiamo che McGregor sposta e tanto e ne abbiamo la certezza, portando con sé un hype costante.

Poi non è solo la personalità ma la sua capacità di adattamento ad uno stile diverso anche come numero di incontri. Chris Cyborg può essere buona per la WWE? Sì, ma che impatto può avere? Boh! Non ho dati tecnici per dire che avrà un impatto economico pari alla metà di Ronda o ad un quarto di Lesnar. Anche perché quale atleta UFC ha trasceso il mondo delle MMA ed è diventato un simbolo pop oltre a Ronda, Lesnar e McGregor?

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Anche Cyborg potrebbe essere un personaggio per la WWE, proponendo magari una sfida con Ronda Rousey, match che nelle MMA per vari motivi non si è mai svolto. Posa però esclude questa possibilità:

Nel caso Cyborg-Rousey prendi una mitica che non accontenterebbe il fan di MMA. Quest’ultimo non seguirebbe il match perché appunto non è un incontro di MMA. Gli appassionati del wrestling potrebbero anche obiettare che atlete che hanno fatto la gavetta verrebbero messe dietro a queste combattenti non prodotte dalla WWE.

Il pubblico della UFC si guarderebbe un match, sapendo che non vincerebbe la più forte ma quella selezionata da un accordo preso a tavolino tra le parti? Io non penso. Ronda attira per la sua storia personale, per la sua caduta. In America possono essere sia spietati che fedeli. Ronda è un nome iconico e straordinario che ha cambiato la percezione dello sport femminile americano insieme ad altre cose come la nazionale di calcio. La Cyborg non credo abbia questo peso a livello mediatico, anche se in questo caso ci vado cauto perché non è il mio mondo.

Posa conclude spiegando che la WWE se pesca da altre mondi lo fa perché questi personaggi sono conosciutissimi:

Quando la WWE ti viene a prendere devi avere già un nome importante e non essere un giovane di 3-0 delle belle speranze. Il performance center è pieno di questi ragazzi. Quando escono dall’università e sono stati All American NCAA di Division One nella greco romana vogliono fare MMA o entrare nella WWE. Credo sia la derivazione normale. Visti i soldi e la notorietà associati a questi ambienti, chi non lo desidererebbe?

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Marco DallAcqua

Nato e cresciuto con la passione per la pallacanestro, scopro le MMA con l’incontro tra Brain Stann e Wanderlei Silva. Da li è amore a prima vista. Da quel 2013 seguo le MMA con grande passione, parlando di UFC e MMA italiane attraverso il blog di MMA Talks.

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