Il caso Jon Jones ha senza dubbio sorpreso e sconvolto il mondo delle MMA mondiali, a pochi giorni da UFC 232, evento che chiuderà il 2018.

Lo spostamento da Las Vegas a Los Angeles, legato alla mancata concessione della licenza a Jon Jones da parte della Commissione Atletica del Nevada, ha creato un grosso e inquietante precedente. La UFC ha costretto atleti, coach, giornalisti, ma soprattutto i tifosi, a traslocare in una location ad oltre 400 km rispetto la T-Mobile Arena.

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Se tutto ciò può essere considerata una scocciatura per gli atleti, vedasi Chris Cyborg che ha chiesto scherzosamente dove poteva trovare un tour operator, per i tantissimi tifosi è un discorso diverso. Come spiegare ad un appassionato che un evento si sposta in un altro stato perché è stato tutelato un singolo atleta?

A memoria una cosa così grave è accaduta solamente in occasione di UFC 12, quando le autorità dello stato di New York (insieme ad altri 35 stati) emanarono una serie di leggi per mettere al bando le MMA. Come in questa occasione, la promotion fu costretta a spostarsi. Situazioni diverse, ma con una cosa in comune: la UFC costretta a scappare dalla location originaria per svolgere un evento.

Ed ora, come la UFC gestirà i rimborsi di coloro che non vorranno/potranno spostarsi? Ancora non si sa nulla. Ma già il disagio creato è una cosa che un’organizzazione come la UFC non può permettersi. I maestri nel preparare eventi che obbligano ad una seccatura così grande i tifosi non è accettabile.

E per cosa? Per salvare la vendita dei PPV.

Il ragionamento è uno solo: chi se frega di quei tifosi che hanno prenotato l’aereo, l’albergo e comprato il biglietto per andare a vedere l’evento a Las Vegas, a UFC interessano solo i PPV. Chi se ne frega degli spettatori a palazzo costretti a spostarsi. Chi se ne frega se qualcuno vorrà indietro i soldi, tanto per uno che rinuncia ce ne sono 10 che compreranno il biglietto a LA.

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La UFC ha dimostrato ancora una volta che i PPV sono molto più importanti di riempire i palazzi. Ragionamento legittimo anche se poi porta al disastro di UFC 229. Questa volta però è un discorso diverso perché non stiamo parlando di una promozione spinta dell’evento, legittima o meno, ma di un atteggiamento furbesco.

Ma fin dove si spingerà la UFC in nome dei PPV? Per assurdo cosa succederebbe se Jon Jones o chiunque altro non ottenesse la licenza per combattere negli Stati Uniti? In nome dei PPV, la UFC sposterebbe l’evento all’estero oppure in acque internazionali (come si prospettava dopo il ban del ’97) pur di conservare i milioni di dollari derivati dall’evento? Ovviamente sono ragionamenti al limite, ma la stessa situazione che si è creata è al limite.

Da qui al 28 dicembre possono cambiare sicuramente tantissime cose, ciò che non cambierà mai è l’ennesima brutta figura di questa promotion.

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Marco DallAcqua

Nato e cresciuto con la passione per la pallacanestro, scopro le MMA con l’incontro tra Brain Stann e Wanderlei Silva. Da li è amore a prima vista. Da quel 2013 seguo le MMA con grande passione, parlando di UFC e MMA italiane attraverso il blog di MMA Talks.

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