Matteo Salvini come Conor McGregor, un confronto tra i due leader delle rispettive scene: politica italiana e arti marziali miste.

Quando un personaggio emerge sulla scena, di qualunque scena si tratti, bisogna capire il perché. Bisogna analizzare, lasciare da parte i giudizi valutativi e contenere le antipatie personali. Il sottoscritto non è un fan accanito di Conor Mcregor, e non digerisce granché Salvini; lo dico così, giusto per evitare fraintendimenti. Il peso leggero irlandese della UFC e il Ministro dell’Interno italiano sono due personaggi di successo nei loro rispettivi campi di azione. La mia breve analisi del perché questo sia accaduto sarà strutturata secondo un confronto tra i due leader, e sarà il più possibile immanente.

Sport e politica sono chiaramente due sfere differenti. Atleti e politici, fan ed elettori non possono e non devono essere identificati tout court. E tuttavia, ci sono alcuni punti di contatto che permettono di vedere come, dall’altra parte, ci siano dei riscontri, delle corrispondenze. Questo vale almeno per uno sport come le Mixed Martial Arts, il quale, come la boxe, ruota intorno al singolo individuo, e vale almeno per personaggi carismatici come Conor McGregor e Matteo Salvini. Nello specifico, in questo contributo mi soffermerò su tre questioni: il rapporto tra fan ed elettori; la comunicazione come narrazione forte; la reazione dei perdenti.

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Anche gli elettori, come i fan, soffrono di antipatie e simpatie. Non nel senso di tifo, quanto più in quello di “presenza/assenza”. Non si deve sottovalutare la presenza rispetto agli elettori. La distanza dall’elettorato da parte di un politico si misura in molti modi, non solo fisicamente. Un politico deve essere innanzitutto vicino alle questioni che più toccano il popolo. Quel che è certo, è che una vicinanza a tutto tondo, come ci dimostra Salvini, è risultata vincente. Social, piazze, tv: il leader della Lega è stato ed è, che piaccia o meno, presente ai suoi elettori.

McGregor, dal canto suo, fa delle conferenze stampa il suo cavallo di battaglia, e regala ai fan quello che vogliono: uno spettacolo, dentro e fuori dall’ottagono. Da una parte e dall’altra, abbiamo due personaggi che si mostrano vicini ai bisogni del proprio pubblico. Si badi: non del pubblico in generale, ma di quella fetta che essi possono rappresentare, in atto o in potenza.

McGregor e Salvini sono un ottimo esempio di comunicazione come narrazione forte. Hanno un’innegabile capacità di costruire una storia interessante della quale sono i protagonisti vincenti. Una narrazione, tuttavia, deve avere una certa potenza dimostrativa, per essere considerata forte. In altri termini, deve essere coerente con se stessa. Per questo diciamo che McGregor fa quello che dice, e che Salvini fa quello per cui è stato eletto. Non solo sanno come raccontarsi, ma sono (almeno per il momento) anche coerenti con quello che raccontano. La sostanza della loro narrazione non presenta zone d’ombra che ne intacchino l’integrità. Se è vero, quindi, che la narrazione non sostituisce la capacità, ma, quando è forte, la esalta, è anche vero che serve pure quella.

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Quando un personaggio emerge sulla scena, è facile pensare che abbia cavalcato un’onda che gli altri, per ignoranza (non l’hanno vista, forse) o per incapacità, non sono stati in grado di cavalcare. Parte del successo di McGregor e di Salvini è dovuto alla totale assenza di opposizione da parte dei rispettivi avversari, il che, di per sé non è un problema. Il problema sorge quando l’incapacità, l’inadeguatezza, producendo sconfitta, sfociano nel moralismo.

Io penso, in tutta sincerità, che le vittorie e le sconfitte difficilmente siano casuali. Quando si perde, e si continua a perdere, si dovrebbe innanzitutto analizzare la sconfitta, invece di emettere dei giudizi inutili, del tipo “McGregor è un cafone orgoglioso che pensa solo ai soldi” o “Salvini è rozzo, razzista e parla alla pancia degli italiani”. Gettarsi a capofitto nel mondo dei valori non solo è deleterio, ma costituisce uno spreco di tempo. Lo stile del “champ champ” e quello del Ministro dell’Interno possono piacere o meno, ma non è etichettandoli per mezzo di valori che si smette di perdere e si comincia a vincere. Al contrario, si dovrebbe osservare il tipo di ritmo che impongono ed agire di conseguenza, a cominciare dal riconsiderare il rapporto con il pubblico e la strategia comunicativa.

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Vedere il “popolo” come fonte di errore significa firmare una condanna a morte. Aspettare che i vincenti cadano, invece di elaborare un’alternativa, è un errore letale. Tyron Woodley, pur essendo un ottimo fighter, si disinteressa dei fan, e ancora si chiede perché il pubblico non lo ami (e quindi lui non guadagni come McGregor). Nate Diaz ha una pessima capacità comunicativa, ma allo stesso tempo dà per scontato l’affetto del pubblico nel momento del bisogno, e rimane quasi sorpreso quando non lo trova (e quindi si lamenta di non guadagnare come McGregor).

Il centro-sinistra, in Italia, dipinge Salvini come il male puro e gli elettori come degli idioti, e si autodefinisce superiore, il bene, il giusto, mentre se ne sta ad aspettare il fantomatico momento in cui anche gli elettori usciranno dalla caverna e se ne accorgeranno. Costoro non hanno il minimo contatto con realtà, il che potrebbe anche andare bene, se non fosse che poi si lamentano di perdere.

Concludo ricordando che, nelle Mixed Martial Arts, così come nella politica, nulla è scontato. I fan, così come gli elettori, sanno creare così come distruggere, quando non considerati e rappresentati. McGregor e Salvini non sono eterni. La grandezza di un fighter o di un politico, allora, sta nel saper agire senza per forza re-agire, nel partecipare invece di stare a guardare, sia nella vittoria che nella sconfitta. In altri termini: essere all’altezza di ciò che ci accade.

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Francescopaolo Cimino

Filosofo e fan accanito di MMA dal 2010. Ho anche praticato MMA per circa un anno e mezzo a livello dilettantistico. Il mio contributo a 4once vuole essere quello di elaborare dei pezzi in cui cerco di pensare l’essenza delle MMA e il rapporto che essa intrattiene con gli stili che la costituiscono e con i fighters che la esprimono. Al momento, sto scrivendo un libro su filosofia e MMA che uscirà nel 2019 per Il Melangolo

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