La conferenza stampa di Conor McGregor non mi è piaciuta. Lo ammetto, ho sempre amato e continuerò ad amare i suoi “who the fook is that guy?”, i suoi “i own this town”, oppure quando tirava le freccette contro una fotografia di José Aldo in Brasile. Ma ieri sera è stata una cosa diversa.

Non perché abbia sponsorizzato il suo whisky che dalla quantità che beveva sembrava pure buono, non perché l’ha offerto ad un musulmano come Khabib Nurmagomedov, oppure il fatto di aver chiamato ratto per tutta la serata il suo avversario.

Non mi è piaciuto perché non è stato il solito Conor McGregor. L’irlandese pungente, volgare e determinato capace di entrare sottopelle all’avversario ha dato la sensazione di aver studiato un copione, di essere finto. Non voglio affrontare voci riguardanti il fatto che potesse essere ubriaco o peggio, sono solo speculazioni da web. Ma aveva ragione Nurmagomedov quando gli chiedeva: “ma che problemi hai?”.

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L’unico problema di McGregor è essere McGregor. Il fatto che sia convinto che debba fare di più sempre, alzare ancora l’asticella, dare oltremodo spettacolo. Da personaggio, però, sta diventando ombra si se stesso, una macchietta.

Coelho scriveva “una cosa è pensare di essere sulla strada giusta, ma tutt’altra è credere che la tua strada sia l’unica.” L’irlandese ha deciso quale strada prendere, deviando da quella goliardica e originale come se fosse nel secondo Ritorno al futuro. Una distopia di se stesso, un’esagerazione continua. E non penso tornerà al 1985 originale. 

Se ne è accorto anche Dana White, sempre molto teso, mai sorridente, con la paura che uno dei due (scommetto l’irlandese) provasse ad avvicinarsi troppo all’altro. Sembra che McGregor sia diventato troppo ingombrante per una promotion che, in apparenza, non può fare a meno di lui.

E la questione dell’essere poco umile, del prendere in giro e provocare l’avversario di portare sempre rispetto prima, durante e dopo ha poco significato. McGregor ha strutturato la sua carriera su convincenti vittorie e sul suo trash talking, dell’ottimo trash talking. Le scene in cui rubava le cinture ad Aldo, in cui diceva a Rafael Dos Anjos che l’avrebbe reso ricco, hanno a poco a che vedere con quello visto ieri sera. 

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Quel tipo di trash talking è quello che serve al pubblico (peccato non fosse presente a palazzo) per esaltarsi, per prendere in giro il mal capitato avversario, per cercare di destabilizzarlo e al contempo vendere il match ad appassionati e non.

I tifosi di McGregor continuano ad incensarlo a esaltare queste sue capacità oratorie. Non si accorgono di questa sua triste deriva, non pensano che anche un idolo indiscusso possa essere discutibile.

Non vorrei che, come ipotizzato dal giornalista Massimo Fini e riportato da Marco Travaglio, in riferimento ad un ex Presidente del Consiglio, arrivi il “Giorno dell’impermeabile“. Vale a dire, il giorno in cui McGregor sorprenderà i presenti e si presenterà con un impermeabile aprendoselo davanti a tutti. E non vorrei che, anche in quell’occasione la colpa venga attribuita agli spettatori che stavano guardando il palco.

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Marco DallAcqua

Nato e cresciuto con la passione per la pallacanestro, scopro le MMA con l’incontro tra Brain Stann e Wanderlei Silva. Da li è amore a prima vista. Da quel 2013 seguo le MMA con grande passione, parlando di UFC e MMA italiane attraverso il blog di MMA Talks.

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