Di seguito, alcuni dei motivi che mi portano a tifare Conor McGregor nella sfida contro Khabib Nurmagomedov per il titolo dei pesi leggeri UFC.

La UFC ha regalato ai suoi fan un dream match di cui si parlerà negli anni a venire. Dopo innumerevoli scontri, alcuni verbali, altri fisici al limite della legalità (e qualche volta anche oltre), Khabib Nurmagomedov e Conor McGregor avranno modo di sistemare i loro affari all’interno di un contesto regolarizzato come quello offerto dall’ottagono di gara.

Un’analisi di questo match non può limitarsi al semplice scontro di stili da combattimento (uno è un grappler, l’altro striker), ma deve almeno tentare di analizzare anche tutto quello che sta a monte rispetto ai lottatori stessi. Questa sfida non rappresenta solo un incontro tra due lottatori di arti marziali miste. Questo incontro rappresenta uno scontro di civiltà.

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Il perché è di facile intuizione. Non solo pugilato contro sambo, ma anche Europa contro Asia, ricchezza contro povertà, consumismo opposto a comunismo fino ad arrivare a cristianesimo contro a islam. Quando la porta della gabbia sarà chiusa e l’arbitro urlerà fight! tutti questi valori cozzeranno l’uno contro l’altro nell’ottagono.

Conor McGregor è il classico ragazzo nato ai bordi della periferia in un paese cattolico che trova la rivincita a una vita di stenti prima nel pugilato e poi nelle MMA. Le difficoltà economiche lo portano ad alcune scelte sbagliate nella vita, scelte che l’allenatore stesso di McGregor, John Kavanagh, racconta in breve nel suo libro. McGregor è un gran chiacchierone, smodato nelle dichiarazioni quanto nelle esultanze. L’irlandese è l’emblema del self made man e capisce che può diventare una macchina da se investe su se stesso e sul personaggio del parvenu sbruffone.

La storia d’amore tra lui e la fidanzata Dee Devlin ha fatto il giro del mondo. Di recente, il lottatore ha scelto di non combattere più per stare vicino alla moglie che doveva partorire. “The Notorius” è quello disposto ad attraversare l’oceano per vendicare l’amico di una vita Artem Lobov.

Dall’altra parte, Khabib arriva da una numerosa famiglia daghestana e ha ricevuto una rigida educazione “siberiana” in un paese comunista. Il padre, per educare il suo cucciolo d’uomo, gli faceva affrontare i cuccioli d’orso. Nurmagomedov è quello ligio ai suoi doveri di musulmano, cosa che lo porta a non voler combattere nel periodo del Ramadan o subito dopo.

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“The Eagle” è l’atleta circondato da personaggi dalla fama dubbiosa come il suo manager Ali Abdelaziz. È il protégé dell’oligarca russo Ziyavudin Magomedov, che gli sovvenzionava i camp di allenamento e le trasferte, prima di essere arrestato. L’aquila daghestana è quello che nasconde l’aspetto della moglie allo sguardo delle telecamere e mette gli impegni dell’ottagono prima di quelli famigliari.

Da una parte il campione dell’occidente decadente, dall’altra quello dell’oriente iper-conservatore. Al netto delle generalizzazioni e per quanto sia possibile a un autore squattrinato immedesimarsi nei panni di uno sportivo multimilionario, mi rispecchio maggiormente nei valori trasmessi da McGregor che non in quelli di Nurmagomedov.

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Tudor Leonte

Alla perenne rincorsa del tesserino da giornalista pubblicista, ho scritto di MMA per alcune testate giornalistiche italiane e altri siti del settore. Al momento collaboro con Sherdog.com. Scrivo cose, intervisto gente, mi diverto.

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