Tony Ferguson
Karen Darabedyan e Jamie Toney sono nomi quasi certamente sconosciuti ai fan delle arti marziali miste, ben più noto è invece Michael Johnson. I primi, molto probabilmente sono due fra le migliaia di fighter professionisti che non hanno mai fatto il salto di qualità ricevendo una chiamata importante, il secondo invece, dopo un primo quinquennio altalenante, ma tutto sommato promettente, in UFC, ha perso cinque degli ultimi sei match. Cos’è che accomuna questi tre atleti? Sono gli unici ad essere usciti vittoriosi da una gabbia dentro alla quale c’era Tony Ferguson.
Il Cucuy infatti può vantare un record di 23-3, già di per sé molto eloquente riguardo alle sue capacità, ma impressionante se vengono considerati solo i 14 match affrontati in UFC, macchiati dalla sola sopracitata sconfitta.
Nel 2011 venne selezionato per prendere parte alla tredicesima edizione del TUF, come membro del team Lesnar. Dal primo incontro vinto grazie ad un bell’up-kick, all’esordio vero e proprio in UFC – con una prepotente vittoria per KO ai danni di Ramsey Nijem che gli valse la vittoria del torneo – il passo è stato breve. Le capacità sin da subito messe in mostra, quelle di un predestinato.
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A partire da quella data, vedere l’arbitro di turno alzare al cielo il braccio di Tony è stata una costante per il pubblico della UFC. Un pubblico che si è abituato ad ammirare il suo ground game dominante – sei le vittorie per sottomissione – affinato negli anni sotto la guida di Eddie Bravo che a fine 2017 gli ha conferito la cintura nera nel Jiu jitsu brasiliano. Fra le sue ultime vittime, spiccano Edison Barbosa e Rafael Dos Anjos; poi la grande occasione: il titolo ad interim dei pesi leggeri contro Kevin Lee nella cornice di UFC 216. The Motown Phenom, grande sfavorito, non ha invece sfigurato, ma infine, nulla ha potuto contro il triangle choke del Cucuy.
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A distanza di sei mesi, è giunto il momento per Tony Ferguson di confermare quanto di buono fatto vedere in questi anni, nella notte più importante della sua vita sportiva, e difendere la cintura. E magari eventualmente, a fine evento, capire se si tratti di un titolo indiscusso o di un interregno.