So che essendo “figlio” della seconda/terza generazione di fighter, diciamo dal match tra McGregor-Holloway in poi, sarò in ordine: insultato, ingiuriato, impiccato, decapitato e scuoiato vivo in puro stile Bolton dai marzialisti della “vecchia scuola”, ma ho visto estremo e incondizionato moralismo dopo UFC 217.

Lo dico: nelle arti marziali miste come in tutti gli altri sport nel mondo, non esiste alcuna forma di eroismo. Non è un eroe chi percepisce una borsa entrare in un ottagono, come non è un eroe chi lo fa solo per passione, non è un eroe chi non cede alle sottomissioni (anzi è solo uno sciocco) e non è un eroe chi vince senza avere atteggiamenti provocatori.

Sento parlare di deriva delle MMA di spettacolarizzazione a tutti i costi, di arroganza che alla lunga non premia, di atteggiamenti forzati per vendere un biglietto in più, di mercificazione dello sport.

Michael Bisping è l’esempio perfetto: ha costruito la propria carriera sulle vittorie, principalmente, vestendo sempre il ruolo di cattivo di turno. Pongo una domanda a voi lettori: Michael Bisping rappresenta, per i suoi atteggiamenti, la deriva delle MMA? Rappresenta la spettacolarizzazione a tutti i costi, rappresenta la mercificazione dello sport? O semplicemente rappresenta il suo modo di stare al mondo, il suo modo di approcciarsi a questo sport, il suo modo di esorcizzare i problemi e le paura che tutti i fighter hanno quando entrano nell’ottagono?

Per completezza non voglio essere frainteso: ci sono dei limiti. Joanna Jędrzejczyk l’ha superato in molte occasioni, soprattutto nell’avvicinamento al match con “Thug Rose”. Ma questo basta per dire che la Namajunas avvicina alla filosofia della arti marziali miste, mentre la Jędrzejczyk no? Non c’è nulla di più bello che vedere l’ormai ex campionessa dei paglia combattere. Vedere come si muove, vedere come colpisce, vedere quello che fa nell’ottagono.

È il gesto atletico che ti avvicina al Nirvana delle MMA, è il ko spettacolare, è la transizione a terra. E questo trascende dagli atteggiamenti, provocazioni, trash talking etc.

Diamo da osservatori, la giusta importanza a questi atteggiamenti, contestualizziamoli, non esaltiamoci perché ha vinto quello “più umile” rispetto a quello “più arrogante”.

Anche perché così facendo alimentiamo inconsapevolmente il meccanismo.

Marco DallAcqua

Nato e cresciuto con la passione per la pallacanestro, scopro le MMA con l’incontro tra Brain Stann e Wanderlei Silva. Da li è amore a prima vista. Da quel 2013 seguo le MMA con grande passione, parlando di UFC e MMA italiane attraverso il blog di MMA Talks.