Report Bellator Milano, breve riassunto degli incontri e impressioni della serata andata in scena all’Allianz Cloud Arena la sera del 12 ottobre.

Bellator è tornato con il settimo evento a cura della promotion guidata da Scott Coker. Per la prima volta, le grandi MMA americane sono sbarcate in una piazza storica italiana, vale a dire Milano. E i risultati sono stati ottimi, a partire proprio dagli esiti della serata e dagli italiani impegnati in card.

Ad aprire le danze, un Nicolò Solli che per l’occasione ha indossato la veste da giorni importanti. Il pupillo SBG Ireland (ma scovato dal Team Magro di Biella) si sbarazza con una facilità impressionante per un ragazzo che ha a malapena tre incontri da pro di un avversario molto più navigato e, almeno sulla carta, più forte di lui. “The Monkey King” ha fatto un figurone fin dai giorni riservati agli incontri coi media, sempre sicurò di sé (ma senza risultare arrogante) e sempre accompagnato dal suo swag che lo differenzia da tanti altri buoni atleti, ma piatti a livello di personalità. Molto bene anche la sua tifoseria: alcuni fighter italiani dovrebbero prendere appunti su come si riesce a creare l’impressione di avere un’arena intera che fa il tifo per te.

Ci aspettavamo botte da orbi nel rematch tra Walter Pugliesi e Andrea Fusi e in parte siamo stati accontentati. Forse il “Barbaro” di Erba non era in serata, ma bisogna togliersi il cappello di fronte al “Kraken” milanese. Una prestazione maiuscola la sua che non ha niente a che vedere con quanto visto sia nel suo esordio in Bellator che nel suo ultimo match in Germania. L’alfiere dell’Atletica Boxe di Milano ha fatto quello che voleva del suo avversario per tutta la durata dei tre round, con i giudici che gli hanno meritatamente attribuito una vittoria per decisione unanime. Una provocazione: Fusi ha accettato questo rematch sebbene non avesse letteralmente nulla da guadagnarci da questa sfida. Saprà Pugliesi essere altrettanto galante e fare lo stesso nel caso gli proponessero una terza sfida con l’atleta brianzolo? Non penso di essere l’unico a voler vedere il capitolo conclusivo di questa trilogia.

Fuochi d’artificio anche nella sfida tra Stefano Paternò e Ashley Reece, autentico fight of the night della card. Ho speso tante parole in passato sulle doti atletiche e sulla potenza dell’atleta meneghino, e anche questa volta i fatti non mi hanno smentito. Paternò è il classico atleta con i pugni nelle mani, capace di mandare a stendere anche un toro in corsa. Solamente un grande cuore e una resistenza fuori dal comune hanno permesso all’inglese di restare in piedi dopo un secondo round in cui Paternò è salito in cattedra e si è preso con prepotenza la direzione dell’incontro. Il campioncino allenato da Garcia Amadori sembra aver trovato la sua dimensione ottimale in Bellator, è indubbio il fatto che saprà regalarci tante soddisfazioni.

Arriviamo al vero main event della serata, con buona pace dell’ottimo match tra Vadim Nemkov e Rafael Carvalho. Sul match in sé c’è poco da dire, Alessio Sakara ha distrutto in poco meno di un minuto l’americano Canaan Grigsby. A molti questo match ha fatto storcere la bocca, e, magari, qualcuno aveva anche qualche buona motivazione. È inutile girarci troppo attorno, quello di ieri era un mismatch, sia sulla carta che nella realtà dei fatti. Cerchiamo, però, di guardare alla luna e non al dito, perché altrimenti rischiamo di perderci alcune sfumature di questo incontro.

Sakara aveva bisogno di un avversario per rimettersi in pista. La stessa cosa è successa a Roma quando gli hanno messo davanti l’inglese Jamie Sloane. Sakara, l’ho già detto in passato e lo ribadisco, rischia sempre moltissimo in questi match, perché tutti gli avversari di turno sanno di avere l’opportunità di portarsi a casa lo scalpo di un nome noto nelle MMA internazionali. Il caso di Kent Kauppinen dovrebbe parlare da sé. E, infine, ricordiamoci sempre che Sakara è il padre delle MMA italiane. Se al giorno d’oggi in Italia ci sono eventi belli come quello di ieri sera, se ci sono occasioni per emergere per giovani talenti nostrani (andatevi a rileggere i nomi citati in questo articolo) è grazie a Sakara. E questo non va dimenticato. E per questo bisogna essergliene grati.

Ieri sera ho visto persino alcuni degli storici detrattori del Legionario festeggiare per Alessio. Parliamo di gente che si è fatta metà carriera a spese della faida che portavano avanti (da soli) contro Sakara e che alla prima occasione utile, quando hanno capito da che parte spirava il vento, sono rientrati a testa bassa tra le fila dei supporter del Legionario. Persino loro applaudivano alla sua vittoria con le loro mani sudicie e i loro sorrisi storti e falsi. Penso che anche tutte le altre persone che gravitano intorno alle MMA italiane (e che conoscono la realtà delle MMA italiane) possano fare altrettanto. In palio c’è molto più di un semplice incontro.

Concludo con il far notare un curioso paradosso. Appena la gestione degli eventi Bellator è passato dalle mani di Fight1, il livello delle card di MMA si è alzato parecchio. Allo stesso tempo, però, è impossibile non notare che anche le “pretese” degli eventi Bellator in Italia abbiano subito un contraccolpo. Siamo passati dai fasti del PalaAlpitour di Torino e del Foro Imperiale di Roma, a quelli del RDS Stadium in Genova e della più modesta (sebbene molto suggestiva e gremita fino agli sgoccioli) Allianz Cloud Arena di Milano. Al momento è indubbio che sia troppo presto per tirare le conclusioni della nuova gestione di Bellator Italia dopo appena due eventi, ma questo è un fatto su cui bisognerebbe già iniziare a riflettere.

Tudor Leonte

Alla perenne rincorsa del tesserino da giornalista pubblicista, ho scritto di MMA per alcune testate giornalistiche italiane e altri siti del settore. Al momento collaboro con Sherdog.com. Scrivo cose, intervisto gente, mi diverto.

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